Manette e democrazia Il sistema inutile Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è intervenuto giovedì scorso in Parlamento, per riferire sull’inchiesta romana. Da quanto abbiamo capito dalle sue parole il governo sa poco o niente sui futuri sviluppi dell’indagine Mafia capitale. Orlando non ha potuto nemmeno dire se le indagini possano considerarsi concluse o se invece stiano continuando. Per cui potremmo anche sperare che tutto sia risolto, ma confidando in quest’ordine di ideee potremmo accorgerci presto che quanto avvenuto a Roma si riveli ancora molto peggio di quello che crediamo. In questo caso, la giustizia diventerebbe facilmente un’arma politica, esattamente come è avvenuto in passato. Non si tratta solo delle inchieste di Mani pulite del secolo scorso. Un governo di Romano Prodi nel 2008 cadde per un’indagine sulla moglie di Clemente Mastella. Non siamo necessariamente il paese più guasto e corrotto del mondo, ma di sicuro il nostro sistema democratico è uno fra i più deboli. Negli Stati Uniti emergono fatti inquietanti di corruzione periodicamente, eppure lo Stato non trema ogni volta dalle sue fondamenta. Persino il Watergate venne circoscritto alla presidenza Nixon, senza distruggere il partito repubblicano. In Francia, dove si indaga sull’Ump e persino su Christine Lagarde vi sono comunque gli strumenti necessari per tutelare la politica dall’azione giudiziaria. In Italia invece il codice etico della politica è divenuto il codice penale, come ha detto Luciano Violante, uno che se ne intende, nella sua intervista al “Foglio” di venerdì scorso. Per cui il governo Renzi avrebbe ragione di preoccuparsi seriamente. Il difetto è nel manico. Preoccupati di vincere le elezioni, non ci si preoccupa di come le si vince e poi soprattutto se si può governare. L’esempio della Campania è eloquente. Che bisogno c’era di una legge per stabilire chi può candidarsi alle elezioni e chi no? Evidentemente la politica non è capace da sola di selezionare i propri rappresentanti, e poi si trova impigliata nelle vicende giudiziarie. Se i partiti non si preoccupano più dell’etica pubblica come questione vitale è quasi inevitabile. A quel punto si sente il bisogno di ricorrere alle manette per rassicurare i cittadini. Inutile stare a parlare di democrazia. Siamo già entrati in un altro regime. Roma, 26 giugno 2015 |